Gli scienziati hanno studiato un processo tipico del sentire e comprendere, ovvero la selezione dei suoni rilevanti. Per comprendere bene il parlato, il cervello deve separare il parlato dal rumore di fondo. Compito questo che è tutt’altro che facile. Questo perché tutti i suoni vengono convertiti dalle cellule sensoriali dell’orecchio in un codice di impulsi elettrici, che vengono trasmessi al nervo acustico, decodificati nuovamente nel cervello e interpretati come parlato o altri suoni.
I ricercatori di Oldenburg hanno decodificato il codice con cui determinati suoni vengono trasmessi dall’orecchio al cervello. Hanno fatto ascoltare ai topi campioni di parlato monosillabico e contemporaneamente rumori di fondo simili a un brusio e hanno scoperto che suoni diversi sono responsabili di un numero diverso di impulsi nervosi. E non solo: anche la lunghezza delle pause tra gli impulsi cambia a seconda del suono.
I neuroscienziati hanno presentato graficamente questi diversi schemi temporali e hanno riconosciuto le differenze a seconda che il suono fosse la vocale “a”, “e” o “i”. I disegni per i suoni “e” e “i”, che hanno anch’essi un suono simile e sono quindi facilmente confondibili, erano simili. I ricercatori ne deducono che quando si confondono questi suoni simili, ciò avviene già nell’orecchio e non durante la decodifica nel cervello.
Capire meglio se e come questo codice cambia con l’età dovrebbe aiutare a comprendere meglio la perdita uditiva legata all’età.
Fonte: MTA-Dialog